giovedì 16 gennaio 2014

Petizione Terra Nostra

Dal sito www.xilsud.it

Le istituzioni italiane si occupano del Mezzogiorno con logiche da colonia interna. Al Sud i diritti di cittadinanza sono caratterizzati dal segno meno: meno servizi pubblici, meno lavoro, meno sicurezza, meno rispetto dell'ambiente, meno salute, meno opportunità per le donne e per i giovani. I fondi europei non vengono spesi per colmare i divari, come negli altri Paesi europei, ma per sostituire fondi ordinari che non sono neppure assegnati al Mezzogiorno, ovvero a un territorio più vasto dell'Olanda, più popoloso della Svezia eppure privo di peso adeguato nelle istituzioni, nell'informazione, nell'economia.

Charter of Fundamental Rights of the European ...
UnionCarta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea

Article 44 - Articolo 44
Right to petition Any citizen of the Union and any natural or legal person residing or having its registered office in a Member State has the right to petition the European Parliament.

Diritto di petizione Qualsiasi cittadino dell'Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo.

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Ai sensi dell'articolo 44 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea i sottoscritti cittadini dell'Unione, presentatori della "lista civica di scopo Terra Nostra nella circoscrizione Italia meridionale alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo del 25 maggio 2014,

DENUNCIANO

le violazioni in vaste aree dell'Italia meridionale e della Sicilia degli articoli 1 (dignità umana), 2 (diritto alla vita), 11 (istruzione), 15 (libertà professionale e diritto di lavorare), 31 (condizioni di lavoro giuste ed eque), 34 (sicurezza sociale e assistenza sociale), 35 (protezione della salute), 37 (protezione dell'ambiente) e 38 (protezione dei consumatori) precisate in dettaglio nell'Allegato 1.

CONVINTI

che quanto accade in termini di traffico di rifiuti pericolosi, sicurezza alimentare e ambientale, sfruttamento devastante dei territori, diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose, corretto funzionamento delle istituzioni nazionali e locali, contrasto alla malavita organizzata, sviluppo sociale ed economico e utilizzo dei fondi strutturali europei nell'Italia meridionale e nella Sicilia - ovvero in un territorio più vasto dell'Olanda e più popoloso della Svezia - sia di diretto interesse di tutte le istituzioni dell'Unione europea e vada affrontato tenendo conto delle proposte precisate nell'Allegato 2.

PROPONGONO

di istituire nel Parlamento europeo una Commissione speciale della durata di anni tre denominata "Dignità, vita, istruzione, lavoro, sicurezza, salute, ambiente e protezione dei consumatori in tutti i territori dell'Unione europea"

Tale Commissione speciale avrà il compito di

1. analizzare e valutare nell'intera area dell'Unione europea, a partire dall'Italia meridionale e dalla Sicilia, l'entità del fenomeno dell'avvelenamento dei territori da interramento dei rifiuti, affondamento di navi e altre forme di devastazione ambientale, con particolare attenzione alla qualità delle acque, dei cibi, dell'aria; valutare proposte per circoscrivere le aree contaminate e procedere alle bonifiche; promuovere una certificazione dei prodotti nell'interesse primario della salute dei consumatori e della tutela delle attività imprenditoriali; verificare il corretto utilizzo dei fondi pubblici e in particolare dei finanziamenti dell'Unione europea; proporre misure adeguate che consentano all'Unione di prevenire e contrastare tali minacce, a livello internazionale, europeo e nazionale;

2. al fine di conseguire gli obiettivi di cui al punto 1 la Commissione potrà stabilire i contatti necessari, effettuare visite e organizzare audizioni con le istituzioni dell'Unione europea, con le istituzioni internazionali, europee, nazionali e locali, con i parlamenti nazionali e i governi degli Stati membri e dei paesi terzi, e con i rappresentanti della comunità scientifica, del mondo delle imprese e della società civile, come pure con gli operatori di base, le organizzazioni delle vittime da disastro ambientale, le associazioni dei consumatori, i soggetti impegnati quotidianamente nella lotta contro le ecomafie, nonché le autorità incaricate dell'applicazione della legge, i giudici e i magistrati, e con gli attori della società civile che promuovono una cultura del rispetto della dignità umana e dei diritti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali.

martedì 7 gennaio 2014

Città di Partenope



Oggi voglio pubblicizzare un’iniziativa che reputo meritoria: Città di Partenope (http://comunedipartenope.it/).

Io sono iscritto



Che cos’è Partenope?


E’ una città virtuale abitata da cittadini reali, con tanto di carta d’identità. Ci si iscrive gratuitamente con l’unico impegno di rispettare e condividere semplici regole del vivere civile.

Perché diventare Partenopei?

Iscrivendoti all’Anagrafe di Partenope, contribuisci automaticamente alla diffusione del senso civico e diventi testimone attivo del fatto che i napoletani non sono quelli descritti in tv affianco a immagini di degrado o malaffare. Se diventi partenopeo fai aumentare il numero di quelli che nulla hanno a che fare con camorra e criminalità, ma nemmeno con volgarità e malcostume. Ti riconosci? Sei napoletano e anche partenopeo? O semplicemente non sei napoletano ma porti Napoli nel cuore? Iscriviti e richiedi la tua carta di identità.

Il Manifesto di Partenope

Intorno al nome di Città di Partenope si stanno radunando a Napoli molti professionisti, imprenditori, giornalisti, studenti, professori, persone di appartenenze sociali e simpatie politiche diverse. Più che dare vita a un’associazione o lanciare un movimento, piace l’idea di tracciare linee di confine e rifondare una città. E’ seducente il progetto di lasciare fuori non solo camorra e microcriminalità, il sottobosco di giovani sfaccendati e pronti a delinquere, ma anche la volgarità e il malcostume, i tanti che sono tolleranti e che giustificano sempre chi non rispetta le regole.
Che cos’è Città di Partenope? E’ la voglia di distinguersi e di riprendersi in mano il proprio destino. E’ il nome perfetto di un’idea che dà il senso della diversità, che fa sentire l’orgoglio di provenire da una storia antica.
Città di Partenope è un’identità. Un vestito messo addosso a un sentimento che esiste già nel cuore di migliaia e migliaia di persone. Per questo coinvolge, contagia, calamìta, avvince.
Noi cittadini di Partenope intendiamo sviluppare una cultura civica, il rispetto delle regole, il senso della legalità e dello Stato e vogliamo incidere sulla vita cittadina con iniziative concrete. Chi entra nella Città, viene iscritto di diritto nell’Anagrafe comunale di Partenope, diventa “cittadino” e riceve non una tessera ma una carta d’identità.
L’unico vincolante impegno per chi aderisce è di sottoscrivere e osservare il codice etico della Città. Una specie di galateo nel quale riconoscersi tutti.





Perchè dovrei leggere Terroni di Pino Aprile?

Mesi fa un collega, un fisico, mentre io argomentavo circa l'utilità, per noi meridionali, di leggere un  libro come Terroni, di Pino Aprile, mi chiese: va bene, mi sembra un ottimo libro, con una ottima bibliografia di riferimento; ma a cosa giova oggi recuperare tante nefandezze? non si rischia di alimentare il vittimismo, già indicato come tara ereditaria dell'ex popolo duosiciliano?

Ho dunque rimesso mano alla lettura di Terroni, in una edizione ebook. E ho ricominciato a leggerlo per cercare di dare una risposta a queste domande. La conclusione a cui sono giunto è che chiunque voglia sperare di fare qualcosa al Sud e per il Sud, scevro da asservimento etico culturale ha due possibilità:

- o cominciare a leggere tutti gli autori che di Sud hanno parlato dall'origine della questione meridionale a oggi. Inutile a dirsi, una pletora di autori cha va da Fortunato, Ciccotti, Dorso e Salvemini, fino ai recenti aprile, Zitara, Esposito, Di Fiore e così via.

- o armarsi di Terroni, di Pino Aprile e fare insieme a lui una promenade di un secolo e mezzo per arrivare a capire cosa eravamo, all'inizio dell'avventura unitaria, e cosa siam diventati dopo 150 anni di Unità. O colonizzazione, secondo i punti di vista.

Quindi, un primo valido motivo per acquistare e leggere Terroni è di ordine schiettamente pratico. E' un potente hub bibliografico. Un portale attraverso cui passare per uscire dal conformismo dilagante nella storia postunitaria. Uno stargate per vedere finalmente oltre e gettar luce sulle nostre piccole o grandi lacune di conoscenza. E per riacquistare, se possibile, un amore perso o mai avuto per la propria storia e per la propria terra.

Vi sembra troppo, per un solo libro, per quanto corposo? Direi di no. Non si giustificherebbe l'infinito tam tam che si è generato sin dalla sua prima edizione. Che lo ha portato ad avere persino una comoda edizione in inglese per giungere a tutti gli angoli del pianeta.

D'altronde il libro è ben organizzato. Ed è scritto con un ritmo sempre elevato, con una vena ironica tipica dell'autore che affronta la storia con l'approccio di un reporter da breaking news. E poi, se l'incipit è di questo tono,
Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni.

come arrestare, indifferenti, una lettura simile? Viene quindi spiegato il modo pressoché scientifico attraverso cui gli abitanti del Reame plurisecolare venivano resi meridionali. E come nacque la rivolta sociale passata sotto il nome di brigantaggio.
Io credevo che i briganti fossero proprio briganti, non anche ex soldati borbonici e patrioti alla guerriglia per difendere il proprio paese invaso. [...] Non volevo credere che i primi campi di concentramento e sterminio in Europa li istituirono gli italiani del Nord, per tormentare e farvi morire gli italiani del Sud, a migliaia, forse decine di migliaia (non si sa perchè li squagliavano nella calce), come l'Unione Sovietica di Stalin.
Come si vede, Aprile racconta il proprio percorso di riconoscimento della propria storia. Che è poi della stragrande maggioranza dei lettori del suo libro. Un inquetante disvelamento di verità storiche più o meno consapevolmente sottaciute, mistificate, occultate.
Non sapevo che i fratelli d'Italia arrivati dal Nord svuotarono le ricche banche meridionali, regge, musei, case private (rubando persino le posate), per pagare i debiti del Piemonte e costituire immensi patrimoni privati.[...] Ignoravo che l'occupazione del Regno delle Due Sicilie fosse stata decisa, progettata, protetta da Inghilterra e Francia, e parzialmente finanziata dalla massoneria (detto da Garibaldi...).
E questo cammino di riconoscimento delle proprie radici conduce inevitabilmente a un risultato, valso per l'autore, come per i suoi lettori, allo stesso modo:

E mi accorsi che diventavo meridionale, perchè, stupidamente, maturavo orgoglio per la geografia di cui, altrettanto stupidamente, Bossi e complici volevano che mi vergognassi.

Di sicuro si capisce che tanti pregiudizi nei riguardi di noi terroni sono davvero delle condanne senza processo, come dice Aprile. Mentre, nel frattempo, non sappiamo più chi fummo. E, davvero, non si può far nulla se non si conosce il proprio passato. Quanto a me, non sapevo neanche che uno storico del peso di Ettore Ciccotti fosse giunto a parlare dello sterminio di meridionali durante la guerra di unificazione nei termini di "una specie di antisemitismo italiano" versi i meridionali.E la vittima, il popolo meridionale, ha finito per far proprio quel sentire dispari tra le due anime della nuova Italia.

Trasformandosi in un popolo di emigranti. Come mai, però, fa notare Aprile, gli stessi meridionali qui ridotti alla fame, all'estero han fatto ovunque grandissime cose? Non di inferiorità culturale o antropologica trattasi. Bensì di asservimento di un popolo per meri scopi di cupidigia da parte del Regno di Sardegna.
Una parte dell'Italia, in pieno sviluppo, fu condannata a regredire e depredata dall'altra, che con il bottino finanziò la propria crescita e prese un vantaggio, poi difeso con ogni mezzo, incluse le leggi.
D'altronde l'Italia fu progettata da persone della qualità di d'Azeglio, che ebbe a definire i meridionali "carne che puzzava". Chissà se ne ha mai visto uno, lui.

Poi, Pino Aprile, gioiese, racconta di come ha conosciuto la storia del Sergente Romano. Che di Gioia era anch'egli. Che fu definito brigante ma non lo era. Era un militare che, a differenza di tanti suoi superiori venduti al nemico savoiardo e comprati coi soldi della massoneria, radunò uomini di Puglia e militari e sperò fino alla fine nel ritorno del re Francesco II. La Commissione di inchiesta sul brigantaggio, nel 1863, scrisse di lui che "non era abbietto come gli altri; aveva coraggio, e morì combattendo". Gente per cui non c'era spazio nell'Italia che veniva.
Aprile racconta la storia di Alessandro Romano, discendente del Sergente e il suo impegno di diffusione dei documenti storici tralasciati dalla storiografia ufficiale del risorgimento. "Di tutto, anche dei più minuti dettagli devi fornire le prove". E di come Antonio Ciano a Gaeta abbia avviato le pratiche per chiedere ai Savoia il risarcimento dei danni dell'assedio del 1861. Attualizzati ad oggi pari a 270 milioni di euro. Gaeta fu l'ultimo baluardo di resistenza all'invasione piemontese.

Il racconto di Aprile diventa sconcertante nel capitolo intitolato "la strage". Tutti i ragazzi dovrebbero leggerlo, come è giusto che si leggano le barbarie combinate dai nazisti nei lager. Storie di bambini uccisi come briganti. Di violenze sessuali a danno di donne e di uccisioni dei relativi mariti. Ma a migliaia. Legittimate da leggi come la legge Pica, deputato peraltro meridionale egli stesso. "Legittime" fucilazioni sul posto di persone anche solo accusate o indicate come fiancheggiatori di briganti.
Maria Ciaburri dicono fosse a letto, col marito Giuseppe. Le saltarono addosso, dinanzi a lui. Poi li uccisero: prima l'uomo; lei dopo, quando se ne stancarono.
Erano i portatori della libertà illuminata. Quella dei cialtroni della mistica di Stato. Aizzatori e terroristi per eccellenza passati per patrioti. Utili idioti anch'essi al servizio del furbo Cavour. Anche solo riguardare le pagine della descrizione degli eccidi di Pontelandolfo e Casalduni, ammetto, fa venire i brividi.

Ma vi invito a leggerle. La cosa peggiore è che di quelle vittime abbiam contezza grazie al duari di uno degli aguzzini, il bersagliere Margolfo. Per non parlare del generale Cialdini. E ancora. La vergogna del bando di coscrizione e l'uccisione dei renitenti alla leva che si tramutò in un vero rastrellamento di giovani e mariti, spesso fucilati sul posto per non aver letto il bando affisso nell'albo pretorio. Iniziava così questo paese. Quei poveretti erano fucilati perchè renitenti a loro insaputa. Oggi, ai politici del Nord, pur sempre a loro insaputa, vengono comprate abitazioni. Emerge dal passato anche la storia del lager di Fenestrelle. Grazie alla risonanza dei lavori di Aprile e a diversi altri storici non conformisti, e all'impegno di Romano e di Gennaro De Crescenzo, è ormai aperto il dibattito storico sul lager piemontese in cui finirono migliaia di meridionali. Il confronto è tuttora aperto tra negazionisti e revisionisti.

Vengono descritte le vicende di Carmine Crocco, di Giustino Fortunato e di Liborio Romano. Storie che spiegano come il Sud avesse un destino segnato: quello di veder peggiorare inesorabilmente le proprie condizioni in pochi decenni. E se il lettore si appassiona, e prova anche un senso di rivalsa verso una storia occultata, vuol dire che la radice è viva. E si scopre che i mariuoli stavano altrove.
Negli stati via via annessi alla nascente Italia, appena arrivavano i piemontesi, spariva la cassa; [...] I meridionali pagavano più degli altri italiani, perchè costretti a rifondere pure le spese affrontate per la loro liberazione.
Il divario economico fra le due grandi aree del paese cominciò a manifestarsi alla fine degli anni Settanta e negli anni Ottanta (dell'Ottocento). Fu contemporaneo, cioè, alla nascita della questione meridionale. Così scrivono gli storici Daniele e Malanima. E invece... Ci avevano raccontato che il Reame borbonico era arretrato perchè feudale. Mentre il nord era avanzato perchè aveva avuto l'esperienza dei Comuni. La spiegazione non regge. Feudali erano anche l'Inghilterra e il Giappone. E sotto molti aspetti il Regno delle Due Sicilie era secondo solo ai britannici. Che erano i primi al mondo.

E per tornare alla domanda da cui ho fatto scaturire questa discussione sull'utilità di leggere Terroni, Pino Aprile ne ripete in modo incalzante un'altra, nel testo: "Ma come mai i meridionali si fanno trattare così?".

Ecco: uno dei motivi per cui leggere Terroni di Pino Aprile è cominciare a capire la provenienza dell'endemico disinteresse dei meridionali verso la gestione della cosa pubblica. Lontani i tempi in cui Ettore Ciccotti, lucano, deputato, nel 1904 chiedeva che la sua regione fosse abbandonata dallo stato, perchè potesse, con le proprie risorse, badare finalmente a se stessa.
E invece lo sfruttamento di quella regione (petrolio incluso) non è ancora terminato dopo altri 100 anni.
Un altro grande parlamentare meridionale calcolò con quali indici la tassazione cresceva in senso proporzionale alla povertà. A parità di popolazione, infatti, la Sicilia pagava tre volte e mezzo di più delle Venezie. Era Francesco Saverio Nitti.

Mentre un altro meridionalista di spicco, molfettese, Gaetano Salvemini, appare tra le pagine di Terroni, sostenendo: "Nel 1860, noi meridionali fummo rovinati in nome dell'unità; nel 1887 in nome dell'industria; non ci mancherebbe altro che fossimo rovinati ora anche in nome della storia!".

Era la gestazione dell'industria padana, a cui , come spiega Nicola Zitara, è stato sacrificato tutto il resto del paese. Sud in primis.

E così, alla fine del fascismo, il disfacimento culturale e socioeconomico del Sud è fatto.

Il Sud era un posto da cui scappare. "Imparate una lingua e andatevene"; non aveva altro da dire, e poco altro da dare, un pur onesto presidente del Consiglio come Alcide De Gasperi.
Il Sud era ormai diventato privo di iniziativa industriale e ridotto a zona in cui vendere prodotti del Nord. Eppure, Aprile descrive del bell'indotto industriale voluto dai Borboni che prevedeva la produzione siderurgica a Mongiana fino ad arrivare a produrre treni a Pietrarsa. Altro che balocco del re. Il Sud, nel 1850, era in grado di produrre treni, una teconologia assolutamente di avanguardia. Altro che zona arretrata di dementi antropologicamente sfigati.

Nel secondo Dopoguerra, anche l'inganno della Cassa del Mezzogiorno è servito a far sentire qui al sud il peso dell'assistenzialismo statalista. Peccato che, a conti fatti, costituisse lo 0,5% del PIL. Un duecentesimo della ricchezza prodotta in Italia. Quanto il gettito dell'Ici prima casa abolito da Bersluconi. e pensare che a usufruirne furono molti imprenditori non meridionali. Proprio come in questi anni accade coi fondi FAS. Fondi per aree sottosviluppate, usati per l'Expo di Milano o i battelli di Como. E' un vizietto che proprio non vogliamo perdere qua al Sud: quello di farci fregare.

Aprile parla poi della Salerno-Reggio: la SaRc. Una vergogna pluridecennale. e il gioco di interessi imprenditoriali che ancora una volta va ben oltre il Sud.

Come disse il nobel A. Sen "L'uomo è quel che gli viene permesso di essere". Proprio così. A noi è stato consentito di diventare meridionali. Di essere a Sud di qualcuno. Che era a sua volta Sud di qualcun altro.
Questo sottile gioco psicologico di educazione alla minorità viene indagato da Pino Aprile, che cerca di spiegare anche cosa potesse passare nelle menti dei bersaglieri che di punto in bianco si trovarono a comportarsi da aguzzini verso la popolazione più o meno inerme. a radere al suolo interi paesi per rappresaglia. Cose per cui ogni anno i Capi di Stato posano corone legittimamente ricordando Kappler e affini.

"la pietà sara considerata tradimento" dissero ai propri soldati liberatori venuti dal Nord, quando ordinavano rappresaglie contro la popolazione, come a Pontelandolfo e Casalduini, con uccisione di bambini, stupri, innocenti arsi vivi nelle case.
Un baratro è stato scavato nel nostro paese; non è mai stato riempito. Chi c'era dentro è stato convinto e si è convinto di meritarlo: non pretende gli stessi diritti, al più "interventi straordinari"; chi ne è fuori, continua ad attingervi quel che gli conviene e a gettarvi dentro la sua disistima e i rifiuti tossici, pensando di averne il diritto.

Parole quanto mai attuali, viste le cronache della Terra dei Fuochi. Dunque, cercando di arrivare a una legittima conclusione di questa frammentaria e riduttiva descrizione di Terroni, quel che si può cercare di argomentare è che conoscere queste storie più o meno remote nel tempo assume una rilevanza fondamentale per chi voglia finalmente cambiare rotta. Per chi amministra la res publica al Sud, per chi fa giornalismo, per chi fa imprenditoria e per chi ama semplicemente la propria terra. Come noi. Questo perchè, come dice Domenico Ficarra, citato da Aprile "non saranno mai gli altri i risolutori dei problemi del Sud".

Quale sia ricetta migliore per risolverli (la separazione consensuale proposta da Marco Esposito in Separiamoci, come farà forse la Scozia, o la ridiscussione del federalismo fiscale e delle modalità di distribuzione delle risorse sul territorio e dei prelievi fiscali), questo è da vedersi ma le premesse, dentro Terroni, per discutere da pari a pari ed emanciparsi dalla minorità a cui la storia pareva averci condannato ci sono tutte.Si finisce di leggere Terroni avvertendo un forte senso di accrescimento. Di conoscenze storiche. E di autostima.

Buona lettura!

Alessandro Cannavale

venerdì 3 gennaio 2014

Tolgono al Sud per dare al Nord


Letta taglia un'infrastruttura lucana. Servono soldi per la Fiera di Milano
di Eugenio Bonanata

Per la maggioranza delle larghe intese la Basilicata non conta nulla. Il Governo Letta, infatti, due mesi fa ha sbloccato 149 milioni di euro per l'infrastruttura Schema idrico Bradano-Basento. Ma qualche giorno fa è ritornato sui suoi passi. Ha sottratto i fondi per finanziare la fiera di Milano.
E poi la chiamano 'questione meridionale'
L'infrastruttura 'negata' Lo schema idrico Bradano-Basento è un'infrastruttura che a regime dovrebbe rifornire di acqua 5mila ettari di campi compresi tra diversi comuni lucani: Palazzo S.Gervasio, Banzi, Genzano e Irsina. I lavori sono stati approvati con una delibera del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economia) nel 2008. Si tratta, inoltre, di un'opera pubblica inserita nella Programmazione strategica per il Mezzogiorno. I lavori sono stati appaltati nel giugno del 2012. Eppure il Governo Letta, negli ultimi due mesi, si è stranamente dimenticato dell'opera "strategica". Fino a chiuderne i rubinetti.

Novembre 2013: "Sbloccati 149 milioni" E' il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, lo scorso 6 novembre, a siglare il decreto interministeriale "con cui si individua, nell'Ente per l'Irrigazione (Eipli), il nuovo soggetto aggiudicatario dell'intervento 'Schema idrico Basento-Bradano' - tratto di Acerenza". Con questo decreto, si legge sul sito del Ministero alle Infrastrutture, "si sblocca, di fatto, un contributo pluriennale di 141 milioni". Si va a "finanziare un'opera strategica nazionale, i cui lavori, iniziati a maggio di quest'anno, non avevano ricevuto alcun finanziamento", e "si scongiura", inoltre, "l'ipotesi di una sospensione degli stessi lavori, che avrebbe avuto gravi ripercussioni economiche ed occupazionali nell'area dell'intervento". L'opera pubblica "strategica per il Sud", quindi, sembrava salva. Se non fosse che la mano destra, spesso, non sa cosa fa la sinistra.

Il decreto legge 'Destinazione Italia' "taglia" i fondi e li destina all'Expo 2015 A far filtrare la notizia, nelle scorse ore, è stato l'onorevole lucano Cosimo Latronico (Fi). A finire sul banco degli imputati è il decreto legge 'destinazione Italia', approvato lo scorso 13 dicembre dal Consiglio dei Ministri. Nel testo, ora all'esame delle Commissioni competenti della Camera, all'articolo 13, si prevede la revoca di "68 milioni" previsti per lo schema idrico B.-B. Soldi che verrebbero destinati alle infrastrutture della Fiera Expo 2015. Ora si dovrà capire se nei lavori delle Commissioni e fino al decreto di conversione, la norma verrà modificata. Nel frattempo, però, balza agli occhi quanto sia "strategica" la Basilicata per il Governo in carica.

Togli al Sud e dai a Milano Disattenzioni o piani ben architettati? Il ministro Lupi a novembre firma un decreto con cui "salva l'opera pubblica strategica per il Sud" e solo un mese dopo firma insieme agli altri ministri un altro decreto, che di fatto, vanifica quanto sancito un mese prima. Un'afasia politica che rischia di procurare danni seri sul territorio. L'altro aspetto che fa gridare allo scandalo, poi, è la centralità del Sud e della Basilicata nei piani di Sviluppo strategico nazionale. Quando si è trattato di aprire il territorio lucano a nuove estrazioni petrolifere, da Monti passando per Letta, si è pensato ai "superiori" interessi nazionali, tralasciando le perplessità, legittime, del popolo lucano. Quando ad essere di interesse strategico, invece, è un'opera pubblica che rifornisce di acqua le campagne lucane, si può anche fare marcia indietro. Perché in fondo è la fiera Expo di Milano il 'vero' fiore all'occhiello dell'italianità. Togliere al Sud per dare al Nord: un refrain vecchio quanto l'Unità d'Italia. E poi la chiamano 'questione meridionale'. Già, ma ad alimentarla, spesso, non è proprio il Governo centrale?

Basilicata24.it

151° ANNIVERSARIO DELL’ECCIDIO DEL SERGENTE ROMANO

Il prossimo 5 gennaio 2014, alle ore 10,30, nel bosco Vallata tra Gioia del Colle, Acquaviva e Santeramo, si terrà la celebrazione del 151° anniversario del massacro compiuto ai danni del mitico Sergente Romano (http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Briganti/SergenteRomano.htm#pasquale) e dei suoi valorosi uomini da parte dei soldati dell'esercito piemontese. Sui luoghi che serbano muti il dolore di una così efferata carneficina, nel 2006, fu innalzato un monumento che è testimonianza concreta della volontà di strappare il velo dell'oblio omertoso che per decine di anni ha coperto quel barbaro sterminio.

La redazione della Rete Sud

PROGRAMMA DELLE CELEBRAZIONI:

ORE 10,00 - accoglienza dei partecipanti al punto di ritrovo (segnalato dalle bandiere del Regno delle Due Sicilie lungo la SS. Gioia del Colle - Santeramo e indicato sulla mappa allegata)

ORE 10,30 - trasferimento al Monumento dedicato al Sergente Romano

ORE 11,00 - commemorazione dei patrioti duosiciliani massacrati e deposizione della corona d'alloro all'obelisco commemorativo

ORE 13,00 - banchetto del brigante

Si consigliano calzature e vestiario invernale ed adatto alla campagna.

Inoltre, chi può, è invitato ad indossare l'antico tabarro.

La piccola Angelina Romano, martire dell’Unità d’Italia

La piccola Angelina Romano, martire dell'Unità d'Italia

di Valerio Rizzo

Oggi si narrerà una storia triste, drammatica, una storia che se per un verso è assimilabile a tantissime altre, per un altro contiene qualcosa di talmente scomodo, da essere stata volutamente tenuta nascosta e sottaciuta. Si narrerà di ciò che successe in un paese siciliano, Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, ad una bambina di soli 9 anni.

Gli artefici di questa crudele vicenda sono coloro che nella storia "ufficiale" vengono definiti "liberatori"e la brutalità con cui si sono svolti i fatti dovrebbe far scaturire le stesse sensazioni di quelle narrazioni televisive, a cui oggi siamo tanto abituati, e in cui purtroppo i bambini sono protagonisti in negativo. E' passato più di un mese da tutta quella patetica retorica risorgimentale messa in scena il 17 marzo scorso, o da quello spettacolo retorico fatto da Benigni sul palco dell'Ariston in cui si è elogiato il Risorgimento come una rivoluzione di popolo, ma che la realtà storica ha dimostrato, in più occasioni, che fu solamente una evento voluto da pochi e a causa di interessi, soprattutto economici.

Ma torniamo alla nostra bambina di 9 anni. Era l'inverno del 1862, e già dall'anno precedente il neo governo sabaudo-piemontese aveva mandato in Sicilia il generale Covone dandogli poteri "speciali", tra cui quello di emanare la legge marziale e proclamare lo stato d'assedio. Il primo atto di questo generale fu quello di dare ordine ai soldati piemontesi di avere "libero arbitrio" nel decidere della vita o della morte dei siciliani. Proprio in questo clima di ostilità accaddero fatti gravissimi che coinvolsero la città di Castellammare del Golfo. Ivi il malcontento verso gli oppressori sabaudi era molto forte, ma la scintilla che fece esplodere la rivolta fu l'introduzione della leva militare obbligatoria, provvedimento sconosciuto sotto i Borbone.
Tale legge, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno il 30 giugno 1861, comportava l'allontanamento per sette lunghi anni di tanti giovani dalle loro famiglie e dalle loro terre.Per scappare da questa norma ingiusta tantissimi ragazzi si nascosero nei boschi e nelle colline intorno alla città, ma non potendo vivere a lungo in quelle condizioni disagiate, il 2 gennaio 1862 decisero di insorgere contro i piemontesi.
Così, alle 14 di una gelida giornata invernale, più di 450 giovani, armati di qualsiasi cosa avessero trovato per le strade, entrarono nella città di Castellammare e diedero l'assalto alla sede del commissario di leva Bartolomeo Asaro e del comandante della Guardia Nazionale Francesco Borruso. I piemontesi risposero immediatamente e da Palermo furono mandati interi battaglioni di bersaglieri coadiuvati da ben due navi da guerra che approdarono nel porto della città.
Il corpo di spedizione era comandato dal generale Quintini, famoso per essere tra i più crudeli e spietati nell'isola, e invase immediatamente il paese. Gli insorti furono costretti a fuggire e tornarono a nascondersi nei boschi, mentre centinaia di popolani, abitanti del posto, cercarono rifugio in campagna. Proprio in quel momento avvenne uno degli episodi più drammatici di tutta la storia risorgimentale: mentre i bersaglieri perlustravano i dintorni di Castellammare, nella contrada Falconiera, trovarono un gruppo di cittadini, tra cui il parroco del paese, che si erano rifugiati lì per paura, e il generale Quintini dopo un interrogatorio sommario, diede ordine di fucilare tutta quella gente, senza processo e con l'accusa di essere parenti degli insorti.
Nel frattempo, i soldati udirono i pianti di una bambina che aveva avuto la sfortuna di trovarsi nelle vicinanze, la presero di peso e la posero, ancora col viso bagnato dalle lacrime, di fronte al plotone di esecuzione. Era il 3 gennaio del 1862, il vento spazzava le lustri divise e faceva svolazzare le "penne" dei bersaglieri, in quel momento chissà quali furono i pensieri di quella bambina che si era trovata per caso di fronte a uomini con strani cappelli pennuti che le puntavano i fucili e che parlavano in una strana lingua. Chissà se in quel momento si rese conto di stare vivendo i suoi ultimi attimi, e se con matura consapevolezza riportasse alla memoria quando giocava per i prati o quando aiutava la madre a cucire.
Ma a Quintini questi pensieri non interessavano e ordinò senza remore: "puntate, sparate, fuoco!".
Tale episodio potrebbe ricordare gli eccidi che le SS naziste hanno fatto in Europa, invece stiamo parlando dei "Padri della Patria" e la rabbia che oggi cresce sempre di più e che sale nelle vene sta nel fatto di volere ancora e tutt'ora nascondere queste verità brutali. L'unità d'Italia fu una guerra di conquista a sfondo razzista avvenuta nel Sud Italia con le stesse modalità del nazismo: interi paesi rasi al suolo, brutalità gratuite contro i civili, istituzione di lager; e solo quando questo Paese avrà il coraggio di guardare in faccia i suoi "scheletri nell'armadio" forse potrà pensare al futuro.
Resta il fatto che oggi solo nell'archivio storico militare, ma in nessun libro di storia, troviamo scritto: "Castellammare del Golfo, 3 gennaio 1862, Romano Angelina, di anni 9, fucilata, accusata di Brigantaggio".

Le altre sette persone fucilate quel giorno:
* Don Benedetto Palermo, di anni 43, sacerdote
* Mariano Crociata, di anni 30
* Marco Randisi, di anni 45
* Anna Catalano, di anni 50
* Antonino Corona, di anni 70
* Angelo Calamia, di anni 70